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 Black Clouds & Silver Linings - Dream Theater

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Mattone

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MessaggioTitolo: Black Clouds & Silver Linings - Dream Theater   Black Clouds & Silver Linings - Dream Theater EmptyDom Ago 08, 2010 9:16 pm

Un'altra recensione dal mio blog, stavolta riguardante l'ultima impresa della combo americana, recensita un anno fa dal sottoscritto nel dettaglio.

Scusate se la formattazione non funge, ma come pure nell'altro topic ribadisco che cambiare tutti i "<>" in parentesi quadre sarebbe un lavoro sovraumano.

<b>Nome Album:</b> Black Clouds & Silver Linings
<b>Artista:</b> Dream Theater
<b>Genere:</b> Progressive Metal
<b>Data di uscita:</b> 23.06.2009
<b>Numero Brani:</b> 6
<b>Durata:</b> 75 minuti circa
<b>Formazione:</b>
James LaBrie - Voce
John Myung - Basso
John Petrucci - Chitarra, voce addizionale
Mike Portnoy - Batteria, percussioni, voce addizionale
Jordan Rudess - Tastiera, Continuum

Ed ecco che, due anni dopo <b>Systematic Chaos</b>, i veterani del Progressive Metal tornano con il loro decimo studio-album, uscito il 23 giugno 2009: <b>Black Clouds & Silver Linings</b>.

Si tratta di un album come sempre diverso dai predecessori, dalla durata di circa un'ora e un quarto e composto da 6 brani: <i>A Nightmare to Remember, A Rite of Passage, Wither, The Shattered Fortress, The Best of Times, The Count Of Tuscany</i>.

Analizzeremo ora tutti i brani uno per uno e piazzeremo un giudizio più o meno positivo, per poi tirare le somme sulla qualità complessiva dell'album.

<u><b>A Nightmare To Remember
</b></u>

<b>Durata:</b> 16.10 min.
<b>Testi di:</b> John Petrucci
<b>Musica di:</b> Dream Theater

Il primo brano dell'album parla di un incidente d'auto avvenuto durante l'infanzia del chitarrista John Petrucci. Viene quindi introdotto il tema portante dell'album: l'esaltazione di particolari positivi all'interno di brutte esperienze.

L'album inizia con un tuono e il suono di alcuni passi... poi Jordan Rudess suona la prima, leggerissima melodia dell'album, introducendo l'ascolatore nell'atmosfera del brano... ad un tratto però la melodia si interrompe ed entrano in scena di botto gli altri strumenti, anticipando il tema iniziale del brano, presto arricchito da una rullata di pedali di Mike Portnoy al limite delle umane capacità fisiche.

Verso il primo quarto del secondo minuto entra in scena James LaBrie con un cantato aggressivo e melodico al tempo stesso. Il brano inizia a prendere una piega forzatamente sinistra e poi parte per la prima volta il ritornello "<i>Life was so simple then, we were so innocent...</i>" e seguono una serie di temi che si faranno vivi piuttosto spesso nel corso del quarto d'ora seguente. La voce si fa sempre più aggressiva e introduce l'ascoltatore nella riproduzione dell'atmosfera di angoscia provata certamente dal povero John.

Ad un tratto tutto si blocca e resta solo la chitarra acustica e la tastiera. Iniziano a tornare anche gli altri strumenti e anche la voce viene introdotta. Inizia così la seconda parte del brano, a mio avviso la migliore del brano stesso. James e Mike intonano quindi il rilassante ritornello in questa atmosfera sognante: "<i>Hopelessly drifting, bathing in beautiful agony. I am endlessly falling, lost in this wonderful misery</i>"

Dopo qualche strofa, rientra la chitarra elettrica del virtuoso protagonista del brano, che reintroduce l'atmosfera più angosciante e pesante, con un assolo nel classico stile degli ultimi lavori del gruppo, seguito ovviamente dall'assolo di sintetizzatore di Jordan, anch'esso nel solito stile, a dire il vero anche peggio. A seguire entra in scena il Continuum di Jordan che riprende il tema principale del brano dandogli un tocco ancora più terrorizzante.

Si alternano poi assoletti e unisoni dei soliti due musicisti e poi Mike Portnoy entra in scena con una pedalata con i piedi e una parte di quasi-growl con la voce. Riprendono poi gli assoli, niente troppo degno di nota.

Dopo un paio di minuti di questo tipo, rientra in scena James con il ritornello della prima sezione del brano. Canta per pochi secondi e conclude il testo del brano: "<i>It will stay with us forever, a nightmare to remember...</i>". Lascia quindi nuovamente posto agli assoli, in particolare ritorna il mitico Continuum che riprende il solito tema, viene in un secondo lasciato da solo con la batteria e qualche accordo di chitarra, poi ritornano tutti i musicisti con in più l'altra mano di Jordan che si occupa di una traccia aggiuntiva di tastiera.

Dopodichè viene ripreso il tema iniziale, tutto si spegne e resta la debole melodia iniziale suonata da Jordan, che conclude il pezzo.

<b>Voto</b>: 6.5/10
<b>Commento</b>: Un brano lungo ma non troppo ricco di parti interessanti, toni fin troppo forzati verso il sinistro, assoli quasi senza nè testa nè coda e una sorta di growl indegno sparato nel mezzo. Bella invece la seconda sezione e gli assoli di continuum, anche se forse un po' ripetitivi.
<u><b>

A Rite Of Passage</b></u>


<b>Durata</b>: 8.36 min.
<b>Testi di</b>: John Petrucci
<b>Musica di</b>: Dream Theater

Ed ecco il secondo brano e primo singolo estratto dall'album. Il brano parla della massoneria e delle società segrete, ed è l'unico brano dell'album a non seguire il tema principale di quest'ultimo.

Il brano inizia con il basso che introduce il tema principale, poi una potente entrata degli altri strumenti introduce una parte cantata da James e Mike, anche se non ho il coraggio di definirla effettivamente "cantata".

Parte poi il bridge di qualità nettamente superiore e il ritornello, una delle parti migliori dell'intero album. " <i>Turn the key, walk through the gate, a great ascent to reach a higher state: A Rite of Passage!</i> ".

Segue la seconda strofa, molto superiore alla prima, canatata decentemente che termina con la ripetizione del bridge e del ritornello. Viene poi ripreso il solito tema e partono gli assoli. Parte la chitarra in un assolo già migliore di quello del brano precedente, segue la tastiera in un assolo simile al precedente e un singolare assolo in cui viene utilizzato nientemeno che l'iPhone... Rudess colpisce ancora. E in questo caso in modo non del tutto positivo. Ok, trovata originalissima, ma cosa ci si può aspettare dall'assolo di un cellulare, adeguatamente equipaggiato di applicazioni, ma pur sempre un telefono?

Viene ripetuto per l'ultima volta il bellissimo ritornello con i testi della seconda ripetizione alterati e il brano si chiude pressappoco come è iniziato.

<b>Voto</b>: 7.0/10
<b>Commento</b>: Un brano piuttosto corto e purtroppo con sezioni scadenti. Nonostante tutto il ritornello è una vera perla e gli assoli un passo avanti. La trovata dell'iPhone è geniale, ma l'effetto ottenuto non è dei più apprezzabili.

<u><b>Wither</b></u>


<b>Durata</b>: 5.25 min.
<b>Testi di</b>: John Petrucci
<b>Musica di</b>: Dream Theater

Ci troviamo di fronte al brano più corto, più "pop" e più lineare dell'album. Tuttavia è il brano migliore della prima parte dell'album, che si conclude appunto con Wither. La canzone parla del blocco dello scrittore, esperienza negativa che, comunque, non è mai stata più che una paura, a detta di Mike Portnoy.

Il brano inizia con un arpeggio e parte subito il cantato di James, più fluido e pulito che mai. Il brano ha un tono molto "soft" e si sente la malinconia e a tratti la rabbia, la sensazione di impotenza che trova lo scrittore durante il suo personale blocco. Inizia poi ad entrare in scena il ritornello: "<i>So I wither, and render myself helpless...</i>" intonato assieme a Portnoy e Petrucci, poi un bellissimo ma cortissimo assolo di tastiera, altra grande protagonista del brano, che con le sue orchestrazioni rende il tutto di livello superiore.

Ad un tratto gli strumenti tacquono e resta solo LaBrie con Rudess al pianoforte, per una versione ancora più soft del ritornello. Parte poi un sempre brevissimo ma ispirato assolo di chitarra e l'ultima ripetizione del ritornello.

Ancora una volta, il brano si chiude come è iniziato, e lascia davvero dei "Silver Linings" sulle sorti dell'album.

<b>Voto</b>: 8.5/10
<b>Commento</b>: Un brano molto corto rispetto al solito, con assoli anche molto corti ma di ottima qualità. La tastiera orchestra magistralmente il tutto e il cantante mostra il suo lato più soft. Peccato solo che il ritornello è forse stato ripetuto troppe volte.

<u><b>
The Shattered Fortress</b></u>


<b>Durata</b>: 12.49 min.
<b>Testi di</b>: Mike Portnoy
<b>Musica di</b>: Dream Theater

Ecco il brano forse più atteso: l'ultima "puntata" della saga di Mike sull'alcolismo, la "12 Steps Saga" che parla della sua battaglia contro l'alcoohl che alla fine è riuscito a vincere. Non so cosa si aspettassero i fans, ma questo è quello che hanno sentito...

Il brano inizia con un potente riff dal volume ascendente e sfocia nella prima parte cantata. Ma cos'è questo senso di Deja Vu? Ah, una citazione da The Glass Prison... beh, ce ne sono sempre state, di citazioni di brani precedenti della saga, in tutti gli episodi, quindi niente paura... però... ecco una parte presa da Repentance, il capitolo numero quattro! Ok, è stato appesantito, ma la melodia resta la stessa, e il testo pressochè pure.

Finisce la strofa di Repentance e si ode il riff iniziale di This Dying Soul, seguito da un assolo di tastiera inedito (finalmente qualcosa di nuovo, per quanto bello fosse il vecchio) e da una strofa molto tranquilla con un parlato di Portnoy e un cantato di LaBrie, anch'esso inedito, almeno apparentemente. Un paio di botte di batteria e parte il mitico ritornello di The Root Of All Evil, che c'entra come i cavoli a merenda, in quanto ad atmosfera. "<i>I am ready, help me be all I can be...</i>".

Dal riff principale di The Root Of All Evil parte poi un assolo di chitarra inedito, che è probabilmente il migliore dell'album finora. Parte poi l'ultima parte inedita, il cantato finale che pone fine alla storia di Mike: "<i>I am responsible, when anyone, anywhere, reaches out for help, I want my hand to be there</i>"

Segue un "uooooh" di LaBrie molto bello e poi l'apoteosi finale, dove parte la mitica (a dir poco) introduzione di The Glass Prison con tanto di botti di campana e, mentre si dissolve, si sente benissimo il tema di batteria dell'inizio di The Root of All Evil, le campane dell'inizio di The Glass Prison, il suono del grammofono che segnava la fine di Scenes From A Memory e l'inizio di Six Degrees Of Inner Turbulence (che iniziava appunto con The Glass Prison, primo brano della saga) e, poco più tardi altri suoni da The Root of All Evil. Tutto questo macello di riferimenti si spegne e lascia posto al prossimo brano, dallo stampo del tutto diverso.

<b>Voto</b>:7/10
<b>Commento</b>: Musicalmente sarebbe un bellissimo brano... se non fosse che è tutta roba riciclata dai vecchi capitoli della saga e incollati assieme neppure molto bene. Belle le parti inedite e il finale, ma hanno esagerato nel riciclare, o meglio, riprendere quasi tale e quale, roba vecchia. Ripeto, bello nell'insieme, ma scadente per originalità.

<u><b>The Best Of Times</b></u>


<b>Durata</b>: 13.09 min.
<b>Testi di</b>: Mike Portnoy
<b>Musica di</b>: Dream Theater

E' in silenzio che viene introdotto tramite il rintocco di un orologio il tema di questo brano: il tempo, che passa inesorabilmente e ci porta via le persone care, come è successo al padre di Portnoy, morto durante la creazione dell'album. Come non poteva dunque essere scritta una canzone che parla dei ricordi de "Il migliore dei tempi", quelli di Mike passati con l'amato padre?

Dopo qualche rintocco di orologio, entra in scena il pianoforte seguito dal violino e dalla chitarra acustica, il tutto a creare un'atmosfera triste e nostalgica. Ed è dal nulla che la chitarra elettrica inizia a "bruciare" riffs a tutta velocità, con tono allegro: stiamo tornando indietro nel tempo, nelle memorie di Mike.

"<i>I'll always remember these were the best of times! A lifetime together I'll never forget!</i>" inizia a cantare James, ovviamente accompagnato da Mike durante il ritornello, di tono nostalgico ma pur sempre allegro, perhcè in effetti questi ricordi gli mettono allegria, ma gli dispiace averli persi. Dopo un paio di strofe e ritornelli, il tono cambia piuttosto bruscamente: "<i>But then came the call, our lifes changed forever more: You can pray for a change, but prepare for the end.</i>" e la tastiera ci introduce il tema pricipale, troppo bello per risultare ripetitivo, e dopo aver letto la frase sopracitata, sulle note suonate da Rudess, è impossibile non sentire un brivido attraversare la schiena e una lacrima scorrere giù per il viso.

Poi tutto si spegne e ritorna il pianoforte con la chitarra acustica e una leggera linea di batteria. Il ritornello cambia radicalmente: seguendo il tema principale la voce diviene più soft e il testo cambia del tutto. Segue poi una meditazione made by Portnoy, un addio personale al padre, dove lo ringrazia di tutto e trae una conclusione importantissima: "<i>My heart is bleeding bad, but I'll be okay: your spirit guides my life each day!</i>", poi subito un lungo assolo di chitarra che riprende il tema principale e ci costruisce su una melodia strappalacrime, con la tastiera sotto che prosegue in modo lineare, e ancora commozione...

Poi con calma il tutto sfuma e scompare, come del resto i nostri ricordi, la nostra vita... tutto... e lascia un silenzio che verrà rotto dal gran finale dell'album.

<b>Voto</b>:9/10
<b>Commento</b>: Un brano strappalacrime dalla musica e gli assoli emozionanti e i testi commuoventi, che agiscono in combutta con la musica per far commuovere l'ascoltatore e trascinarlo in un mondo di emozioni.


<u><b>The Count Of Tuscany</b></u>


<b>Durata</b>: 19.16 min.
<b>Testi di</b>: John Petrucci
<b>Musica di</b>: Dream Theater

Ecco un brano che destava interesse specialmente qua in Italia, per via del singolare titolo che fa riferimento alla bellissima regione del Centro-Italia. Infatti il tema trattato parla di un'evento capitato mentre il gruppo si trovava in Italia: Petrucci incontrò (in Toscana, ovviamente) il diretto discendente di un conte, che lo invitò a fare un giro. Man mano che il viaggio procedeva, il conte parlava di cose sempre più sinistre, fino a che Petrucci inizia veramente a credere che non sarebbe più uscito vivo da quell'avventura. Ma è inutile parlare oltremodo del tema: Toscana o meno, il punto forte di questo brano è la musica, di come non se ne sentiva da tempo uscire dagli strumenti dei nostri Dream Theater.

Il tutto inizia con un arpeggio di tastiera, poi la chitarra si aggiunge anticipando quello che, dopo un quarto d'ora, sarà quello che secondo me è il momento migliore del disco in assoluto. La batteria è per ora assente e la coppia Rudess - Petrucci ci fa sognare, prima che entri in scena Portnoy che inizia a far lavorare la batteria. La tastiera introduce il tema principale, prima di iniziare un veloce unisono con la chitarra, diviso in 2 parti principali, entrambe ottime sotto tutti gli aspetti, pare un ritorno a Scenes From a Memory.

Poi tutto si blocca e diventa più cupo e pesante, in modo da introdurre il canto di LaBrie, aggressivo al punto giusto. "<i>Several years ago, in a foregn town, far away from home, I met the count of tuscany</i>". Il canto diviene poi più amelodico e doppiato da Portnoy, che indurisce il tutto, per poi sfociare nel ritornello, aggressivo ma molto melodico, con un coro all'inizio di ogni riga di esso.

Segue poi un assolo più leggero e lento, dove la tastiera fa da protagonista assieme alla chitarra nei soliti "inseguimenti" tra Rudess e Petrucci. All'inizio del settimo minuto torna in scena LaBrie che ripropone le strofe di prima con un testo diverso: il conte inizia a fare discorsi sinistri e il terrore inizia ad impadronirsi di Petrucci, sfogato come al solito nel ritornello: "<i>I, I don't want to die, everything about this place just doesn't feel right!</i>"

Poi il cantante si prepara a prendersi un meritato riposo mentre i musicisti iniziano a darci dentro, nello stesso stile di prima. Poi la chitarra prende il sopravvento e fa un ultimo assolo, che si spegne tranquillamente e lascia posto ad un'atmosfera leggerissima, rilassante, sognante. E' qui che Petrucci inizia a fare dei giochi di volume con la chitarra, accompagnato da una semplice linea di accompagnamento di tastiera. Per circa 3 minuti, Petrucci rimane da solo a farci sognare con il suo lento e melodicissimo assolo, poi tutto sfuma e dal nulla esce una chitarra acustica, dai toni davvero emozionanti: inizia qui la fine del disco: gli ultimi 4 minuti, i più ricchi di emozioni, i migliori del disco in assoluto.

Dopo un breve momento di piacere con solo la chitarra acustica, entra in scena LaBrie, che canta su un registro insolitamente basso. "<i>Could this be the end? Is this the way I die? Sitting here alone, no one by my side</i>.". Dopo qualche strofa, sempre molto tranquilla e ricca di atmosfera, entra in scena il pianoforte, seguito da una leggera batteria e un saltuario basso.

Poi, dopo qualche altra strofa, la chitarra acustica si elettrizza e la batteria inizia a darci dentro, mentre il piano continua imperterrito la sua melodia, aggiungendone però anche una di tastiera, che inizia ad orchestrare il tutto. "<i>The chapel and the saint, the soldiers and the wine, the fables and the tales, all handed down through time. Of course you're free to go, go and tell the world my story...</i>" recita LaBrie nei panni del conte mentre l'atmosfera si fa sempre più carica di emozioni, mentre il conte rassicura Petrucci e lo invita a raccontare a tutti la sua storia (cosa che, evidentemente, è stata fatta) "<i>... tell about my brother, tell them all of me: the count of tuscany!"</i> , e dall'ultima lettera si dilunga un "yeah" che si congiunge con l'assolo che Petrucci ha ormai iniziato, l'assolo che riprende il tema del primissimo e tranquillo assolo di questo brano ma lo riempe di energia e di emozione, l'assolo che per come la vedo io è il momento migliore che un ascoltatore può sentire dopo il brano Octavarium dell'omonimo album del 2005, se ascoltasse tutti gli album in ordine cronologico.

Puri momenti di magia e di maestria, che sfociano in un coro senza testo intonato da LaBrie e, chiaramente, dal pubblico in sede live, mentre Rudess inizia a chiedersi se l'ottantina di tasti della sua tastiera e le sue due mani siano sufficienti per continuare a simulare un'orchestra in modo così magistrale, e riesce a sfornare una cosa magnifica, che continua anche dopo il coro, andando a riprendere, un'ultima volta, il tema principale. Alla seconda ripetizione, rullo di batteria, e botta di piatti in stile "finale di Octavarium" sull'ultima nota, che si dissolve pian piano, dopo un ultimo, leggerissimo rullo di pedali di Mike, lasciando in sottofondo i suoni emessi dai gabbiani, gabbiani che sono tornati a volare, perchè le nuvole nere non ci sono più, ora è tutto argentato, dopo essere passata una canzone del genere, e i bagliori d'argento come questi hanno trionfato sulle nuvole nere che, per certi brani, regnavano incontrastate facendo credere che la sorte dell'album sarebbe stata poco buona. Poi anche il canto degli uccelli sfuma, e si potrà udire il CD fermarsi, ma che importa? Si è ancora estasiati dalle emozioni che gli ultimi minuti di quest'album hanno regalato.


<b>Voto</b>:10/10
<b>Commento</b>: Un brano veramente ottimo, abbondante e vario. Il finale è un cosa da ascoltare assolutamente con tutto sè stessi, in quanto la cosa migliore mai composta dal gruppo dai tempi di Octavarium. C'è tutto: assoli velocissimi, riff pesanti, chitarra acustica, pianoforte, lentissimi assoli sognanti di chitarra elettrica, voce aggressiva, voce soft, assoli strappalacrime... davvero vario.


<u><b>Voto e commento finale sull'album in generale</b></u>


<b>Voto</b> (usando la media aritmetica): 8
<b>Commento</b>: Un album difficile da valutare, fatto di alti e bassi, di momenti imbarazzanti e di momenti di gloria come non ne sentivamo da anni. Sono state fatte numerose scelte che possono piacere e non piacere, molto è cambiato dai vecchi Dream Theater nella maggior parte dei casi... ma non dobbiamo dimenticare che una delle caratteristiche fondamentali dei Dream Theater è proprio sperimentare, cambiare di continuo, fare album sempre diversi tra loro... se era questo che volevano raggiungere, ancora una volta ci sono riusciti. Il risultato poi può piacere e non piacere, ma questo è un altro discorso. Tuttavia in questo album sono contenute traccie che, da sole, valgono l'acquisto dell'album, che è sicuramente un passo avanti rispetto a Systematic Chaos e forse anche rispetto ad Octavarium. E' ben lungi dal raggiungere capolavori sacrosanti quali Scenes From A Memory e Images & Words, ma questo album può certamente far nascere qualche bagliore argentato in mezzo alle nuvole nere create dalle ultime imprese del gruppo. Chiedo solo una cosa: se proprio dovete innovare e sperimentare, tenete l'iPhone nella borsa, la prossima volta.
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