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 Systematic Chaos - Dream Theater

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Mattone

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Systematic Chaos - Dream Theater Empty
MessaggioTitolo: Systematic Chaos - Dream Theater   Systematic Chaos - Dream Theater EmptyDom Ago 08, 2010 9:13 pm

Scusatemi se le formattazioni non funzionano su questo forum, ma personalmente non ho nessuna voglia di mettermi a sostituire un centinaio di "<>" con altrettante parentesi quadre solo per abbellire la recensione.

Si parla del penultimo album dei DT, che ho recensito un anno fa per il mio blog ed altro...

Systematic Chaos - Dream Theater Systematic_chaos_regular_big

<b>Nome Album</b>: Systematic Chaos
<b>Artista</b>: Dream Theater
<b>Genere</b>: Progressive Metal
<b>Data di uscita</b>: 04.06.2007
<b>Numero Brani</b>: 8
<b>Durata</b>: 75 minuti circa
<b>Formazione</b>:
James LaBrie - Voce
John Myung - Basso
John Petrucci - Chitarra, voce addizionale
Mike Portnoy - Batteria, percussioni, voce addizionale
Jordan Rudess - Tastiera, Continuum

Ecco che, due anni dopo il celebre "<i>This story ends where it began</i>" di <b>Octavarium</b>, la storia riparte con questo nuovo album: <b>Systematic Chaos</b>, uscito il 4 giugno 2007.

Si tratta di un album composto da 8 traccie: <i>In the Presence of Enemies Pt.1, Forsaken, Constant Motion, The Dark Eternal Night, Repentance, Prophets of War, The Ministry of Lost Souls, In the Presence of Enemies Pt.2</i>.

Particolarmente interessante è il fatto che i due <i>In the Presence of the Enemies</i> formano una suite di più di 26 minuti, ovvero uno dei brani più lunghi mai composti dal gruppo (ovviamente nessuno batte la suite <i>Six Degrees Of Inner Turbulence</i>).

Passeremo ora ad analizzare l'album passo per passo, traccia per traccia, per poi dare un voto ad ognuna e tirare le somme facendo la media, che sarà il voto complessivo dell'album.


<h1>In the Presence of Enemies Pt.1</h1>

<b>Durata</b>: 9.00 min.
<b>Testi di</b>: John Petrucci
<b>Musica di</b>: Dream Theater

E' con un riff da cardiopalma di tutti gli strumenti, con questa apoteosi che inizia l'album. Il tema del riff viene ripreso in tutte le salse e il ritmo si fa incalzante, mentre tastiera e chitarra si danno il cambio nel sparare assoli sulla serrata rullata di Mike Portnoy, supportato dal basso di John Myung.

Poco prima del secondo minuto del brano, la chitarra inizia a girare in modo vertiginoso e la tastiera si sovrappone periodicamente creando un'incredibile senso di panico, per cosìdire, poi la tastiera si unisce alla chitarra e qualche nota alta di basso segnano il ritorno al riff iniziale che sfocia in un lento e melodico assolo di chitarra, che riprende un tema che sarà possibile ascoltare di nuovo nella seconda parte della suite, reinterpretato dalla tastiera.

Dopo un paio di minuti di questo tipo, la tastiera inizia ad arpeggiare in larga scala sulle note più alte e la chitarra riprende il tema che risentiremo più tardi, alla fine della seconda parte della suite. Poi tutto si spegne e resta il basso, al quale si sovrappone la chitarra acustica e la tastiera, poi un rullo di batteria introduce il tema di questo movimento interno, <i>Resurrection</i>, che risentiremo nel ritornello.

<blockquote><i>I saw a white light
Shining there before me
Walking to it
I waited for the end
A final vision
Promising salvation
A resurrection
For a fallen man</i></blockquote>

Dopo un paio di strofe, l'atmosfera si intensifica e diviene più frettolosa, la tonalità diviene sempe più alta e i due musicisti maestri degli assoli continuano a far roteare le loro melodie alla velocità della luce, fino a che tutto si scioglie, sfuma e lascia il posto al suono del vento...

<b>Voto</b>: 9/10
<b>Commento</b>: Si tratta di una delle traccie migliori dell'album, dalle sonorità epiche e uno strazio per le povere dita dei musicisti che non smettono un attimo di suonare a velocità inumana melodie accurate e d'atmosfera. Assolo di chitarra degno di nota, primo movimento interno <i>Prelude</i> tutto da godere e degna di nota anche la parte cantata, anche se senza particolari virtuosismi da parte del cantante.


<h1>Forsaken</h1>

<b>Durata</b>: 5.36 min.
<b>Testi di</b>: John Petrucci
<b>Musica di</b>: Dream Theater

... appare dunque dal nulla sul ventarello una serrata melodia di pianoforte, tranquillità della quale viene bruscamente interrotta da un violento riff di chitarra che ci porta alla prima strofa di questo brano, dove il piano continua imperterrito il suo lavoro assieme ad un leggero lavoro di batteria. Tutta questa tranquillità viene interrotta dall'arrivo della chitarra eletterica, che rende il tutto (canto compreso) più violento introducendo il ritornello intonato da Portnoy e Petrucci, assieme al cantante:

<blockquote>Forsaken, I have come for you tonight
Awaken, look in my eyes
And take my hand.
Give yourself up to me</blockquote>

Viene poi nuovamente introdotta una strofa, stavolta aggressiva fin dall'inizio, e un'altro ritornello, stavolta prolungato che termina con un assolo e un altro paio di ripetizioni del ritornello stesso, stavolta lievemente alterato.

Poi il riff iniziale viene ripreso e sul termine il pianoforte risuona la melodia iniziale e chiude il tutto.


<b>Voto</b>: 7.0/10
<b>Commento</b>: Un brano molto corto e più pop del solito, anche se non per questo leggero. Assoli eccessivamente corti e ripetizione del ritornello un tantino eccessiva. La giustificazione può essere la seguente: è il primo singolo tratto dall'album, cosa poteva essere altrimenti? Tutto sommato contiene alcuni momenti azzeccati e può essere degna di nota la parte di pianoforte, per quanto semplice.


<h1>Constant Motion</h1>

<b>Durata</b>: 6.55 min.
<b>Testi di</b>: Mike Portnoy
<b>Musica di</b>: Dream Theater

Sentiamo un riff di chitarra sul canale sinistro dello stereo. Entrano in scena gli altri strumenti ad assistere la chitarra e il suono passa ad entrambi i canali, per poterci permettere di "assaporare" un riff che se fossi morto ieri non avrei rimpianto di non averlo sentito.

Dopo alcune variazioni di questo tema, entra in scena LaBrie, in un'imbarazzante strofa in stile Metallica, con un sottofondo musicale che è meglio perderlo che trovarlo. La cosa va di male in peggio poco prima del ritornello, l'unica parte decente che può far credere che, forse, il brano può ancora salvarsi.

<blockquote><i>Traveling through both space and time
(Out of body, out of mind)
Out of control
My wheels in constant motion</i></blockquote>

Imbarazzante anche il testo in generale, probabilmente una delle cose più insensate che abbia mai scritto Mike Portnoy. Evidentemente il brano, essendo anche il secondo singolo estratto dall'album, è indirizzato agli amanti del trash di medio livello.

Parte poi una sezione indecorosa a dir veramente poco, con una parte quasi rappata di Mike e James. Vengono poi ripetute le strofe iniziali con testi diversi... anche se si poteva lasciare il tutto dov'era, che era meglio. Viene poi ripetuto il ritornello che ormai non cambia le sorti del brano.

Eccoci poi di fronte alla sezione strumentale, con un basso che inizia a farsi sentire per poi lasciare il posto ad un assolo di chitarra decisamente un gradino sopra il resto della canzone, per poi ricadere nell'oblio durante l'assolo di tastiera che, se all'inizio può essere una cosa decente, passa poi ad una cosa indescrivibilmente mediocre, che punta solo sulla velocità e null'altro.

Viene poi ripetuto un paio di volte il ritornello e viene ripreso il riff iniziale, che si ferma di colpo e chiude il pezzo. Nella stanza si può udire un "finalmente" che l'ascoltatore non è riuscito a tenersi dentro.

<b>Voto</b>: 3/10
<b>Commento</b>: Siamo di fronte ad uno dei brani più orribili mai scritti dal gruppo, un vero insulto che si becca 3 su 10 solo perchè il ritornello e l'assolo di chitarra sono leggermente sovrattono... altrimenti un bell'1 non glielo toglieva nessuno. E' inutile parlare dei difetti del brano: ci sono solo quelli.


<h1>The Dark Eternal Night</h1>

<b>Durata</b>: 8.54 min.
<b>Testi di</b>: Mike Portnoy
<b>Musica di</b>: Dream Theater

Reduci dell'esperienza con Constant Motion, si inizia a pregare per un pezzo del tutto diverso... ma le preghiere non verranno esaudite, perchè i Dream Theater ci hanno infilato subito dopo un altro brano che, come ci fa temere il riff iniziale proposto e riproposto in tutte le salse per un minuto ed un quarto, non è da meno del suo "predecessore", almeno nella prima sezione.

Ed ecco che dopo il riff il duetto già collaudato precedentemente, che porta il nome di LaBrie-Portnoy, ci dimostra ancora le proprie capacità usando una voce distorta e gridando come degli ossessi testi che paiono presi da una messa diabolica, senza risparmiarci versi senza precedenti.

Parte poi una strofa cantata da LaBrie con la voce pulita e una melodia quantomeno ascoltabile, per poi lasciare posto al ritornello che in fondo non è male.

<blockquote><i>Drifting beyond all time
Out of a churning sky
Drawn to the beckoning light
Of the dark eternal night</i></blockquote>

Ed ecco che riparte il duetto con toni ancora più aggressivi e gridati alla growl-maniera. Di nuovo il ritornello e entriamo nella parte strumentale, lunga quasi 5 minuti, l'ancora di salvezza del brano.

Finalmente il virtuosismo ritorna a farsi sentire. Interessanti riffs di tastiera e chitarra e, udite udite, una parte di solo pianoforte alquanto insolita. Qualcosa di più Progressive, finalmente, che perde a tratti la pesantezza che aveva caratterizzato il brano, dando addirittura toni buffi ad alcune sezioni.

La seconda parte della sezione strumentale si perde un po' e perde tono, poi torna brevemente LaBrie che ripete ancora un paio di volte il ritornello per lasciare il posto ad un pesante riff di chitarra che viene presto sovrastato da un assolo di Continuum del tutto improvvisato da Rudess, e si sente. Una cosa senza nè testa nè coda che, per nostra fortuna, almeno live non potrà mai essere ripetuta fedelmente...

<b>Voto</b>: 5/10
<b>Commento</b>: Ecco un altro brano che, se non fosse per il ritornello ed una prima parte della lunga sezione strumentale, sarebbe totalmente da cestinare. In effetti alcuni passaggi interessanti in quest'ultima sezione sono degni di nota, al contrario delle strofe gridate all'inizio e altre oscenità sparse qua e la.


<h1>Repentance</h1>

<b>Durata</b>: 10.43 min.
<b>Testi di</b>: Mike Portnoy
<b>Musica di</b>: Dream Theater

Finalmente è un riff molliccio e tranquillo ad introdurci in un brano di Systematic Chaos. Dopo un minuto di questo riff riproposto in vario modo, entra in scena LaBrie con le prime strofe, fanno scorrere un bel testo su un'altrettanto bella melodia. Il pezzo inizia a far intravedere la sua forte atmosfera, che si intensificherà via via che si procede.

<blockquote><i>Sometimes you've got to be wrong
And learn the hard way
Sometimes you've got to be strong
When you think it's too late</i></blockquote>

Segue un breve intermezzo strumentale, privo di assoli, e un'altra strofa della canzone. Dopo una ripetizione del ritornello leggermente alterato, parte un bell'assolo di chitarra che poi sfuma per dare spazio al riff iniziale, che viene presto coperto da un sovrapporsi di voci di ospiti che si pentono di quello che hanno fatto per colpa dell'alcoohl (infatti questo brano è il quarto episodio della "12-Steps Saga" di Portnoy sull'alcolismo), e non si tratta degli ultimi arrivati, ma di grandi "amici" dei Dream Theater come Steve Vai, Joe Satriani, Mikael Akerfeldt, Daniel Gildenlow e parecchi altri.

Parte poi un coro che ripete per circa 3 minuti una sorta di accordo ripetuto su varie tonalità. Verso la fine Mike Portnoy inizia a parlare e, a seguire sentiremo il tutto sfumare e comparire l'ultimo dialogo dei guests, che chiude il brano.

<blockquote><i>You're only as sick as your secrets, but the truth shall set you free...

The truth is the truth, so all you can do is live with it.</i></blockquote>


<b>Voto</b>: 7.5/10
<b>Commento</b>: Finalmente un brano interessante, ricco di atmosfera, con testi molto belli e la buona trovata di inserire i discorsi di altri grandi artisti che hanno avuto lo stesso problema di Portnoy. Forse però la sezione dei dialoghi e dei cori è eccessivamente lunga e ripetitiva, soprattutto per chi non mastica l'inglese, dato che il tutto è parlato e senza nemmeno i testi sul booklet.

<h1>Prophets of War</h1>

<b>Durata</b>: 6.01 min.
<b>Testi di</b>: James LaBrie
<b>Musica di</b>: Dream Theater

Va bene, cercherò di farla finita in fretta, inutile stare troppo a raccontarsela su:

La voce di LaBrie si accende acuta dal silenzio, appena all'inizio del testo, mentre la tastiera fa girare un po' le dita di Rudess su un riff che ricorda il tema iniziale di "Never Enough" dall'album precedente. Dopo poco meno di un minuto passato così con qualche piccola aggiunta sul sottofondo strumentale, anche la chitarra entra in scena, seppur leggermente, e LaBrie, sempre con quella acuta voce che, lo ammetto, in questo caso risulta quasi ridicola, inizia ad incidere nelle nostre menti parole del ritornello che tanto sentiremo, presto:

<blockquote><i>Is it time to make a change
Are we closer than before
Can we help them break away
Are we profiting from war
It's time to make a change</i></blockquote>

Subito dopo, il tono si fa più "serio", e la chitarra più pesante, per poi ripartire un riff in stile simile a quello sopracitato, sovrastato dall'ennesima diavoleria vocale di Portnoy, che, con numerose sovraincisioni vocali, precede LaBrie nel canto, seppur per un secondo, sparando acuti più o meno ridicoli. E anche in questo caso viene quasi da ridere, mentre Mike ci fa assaggiare la sua abilità nel fare delle care "Queen things", come lui stesso disse nel DVD Chaos in Progress mentre incideva suddetti acuti.

Dopodichè, un'altra epica trovata ci viene svelata: un gruppo di "fortunati" fans, selezionato appositamente, inizia a gridare le parole "TIME - FOR - CHANGE!", e altre piccole frasi recitate a gran voce, a mo' di fascisti di fronte al Duce.

Per un po', LaBrie viene lasciato finalmente solo e canta una strofetta, niente di sensazionale, poi smette di cantare per lasciare spazio ad una parlantina, molto probabilmente gentilmente donataci da Portnoy, che con la sua voce, adeguatamente filtrata e distorta, ci racconta le favole scritte da LaBrie su carta. Il tutto poi (finalmente) sfuma e James inizia a sussurrare il ritornello su un sottofondo di chitarra classica, il tutto ovviamente disgustosamente filtrato e distorto.

L'affare si elettrizza di colpo e guida LaBrie nella ripetizione del ritornello, ripetuto un certo numero di volte su tonalità più alte. Segue poi lo stesso grido di prima. Dopo essere piegati in ginocchio a ripetere "S-sì... it's time to make a change... sì!!" con un'espressione ebete, si sente il suono spegnersi quasi improvvisamente e il numero "6" sparire dall'apposito campo della radio. Sospiro di sollievo e via!

<b>Voto</b>: 4/10
<b>Commento</b>: Altro scandaloso calo di qualità, che precipita sotto i piedi per ridicoli momenti vocali firmati prima dal vocalist e poi dal batterista che si diletta a sparare acuti, da fastidiosi filtri, dalla mancanza di un assolo di qualsiasi tipo e dalla nauseante ripetizione della frase "Time to make a change"... mi chiedo perchè non aver chiamato così la canzone, in fondo. Bocciata!


<h1>The Ministry of Lost Souls</h1>

<b>Durata</b>: 14.57 min.
<b>Testi di</b>: John Petrucci
<b>Musica di</b>: Dream Theater

Un brusco cambio di genere ci trascina lungo il melodicissimo tema orchestrato dalla tastiera di Rudess. Il tema è delicato ma allo stesso tempo impetuoso, che svanisce verso il primo minuto del brano, per lasciare il posto a Petrucci, con la chitarra acustica, che accompagna LaBrie attraverso i primi, tranquillissimi versi del brano.

L'atmosfera si fa coinvolgente, mentre un bellissimo testo targato Petrucci viene interpretato da James LaBrie. Viene poi annunciata per la prima volta la cosa più vicina ad un ritornello:

<blockquote><i>Remember me
I gave you life
You would not take it
Your suffering
Was all in vain
It's almost over now
Don't turn your back on paradise</i></blockquote>

E parte la chitarra che reinterpreta il tema iniziale in un assolo piuttosto corto, che sfuma ben presto, lasciando posto ad altri versi, caratterizzati da caratteristiche molto simili a quelle delle strofe iniziali, a parte il testo, ovviamente, che muta anche nel seguente bridge e nel ritornello, che stavolta viene leggermente prolungato e modificato, facendolo congiungere ad una strofa più impetuosa del solito, che ben presto terminerà per lasciare spazio alla sezione strumentale che, in un brano di quasi un quarto d'ora di durata, non volevamo sentirci negare.

Dopo una parte strumentale non troppo complessa, l'atmosfera si fa più aggressiva e veloce, grazie ad un riff di chitarra suonato su registri piuttosto bassi, al quale presto si sovrappone un breve assolo di tastiera. Il riff riprende e parte un unisono chitarra tastiera, non eccessivamente veloce, che poi lascia da parte la chitarra per dare spazio a 2 complessi assoli di tastiera, suonati rispettivamente con 2 voci differenti. Tocca poi a Petrucci mostrare le sue capacità in un assolo lungo circa quanto i due precendenti suonati da Rudess. Un attimo di calma e parte il classico "inseguimento" John-Jordan, ovviamente a velocità stratosferiche come da tradizione. Sull'ultima nota di tale sezione, la tastiera riprende l'orchestrazione del tema principale, e presto viene rimpiazzata dalla trascinante chitarra di Petrucci, che in qualche modo ripete l'assolo che divideva le prime 2 sezioni cantate... e quasi a voler ripetere il fatto, l'assolo si ferma, accompagnato da botte inaudite di batteria, e tutto si spegne, lasciando solo LaBrie, accompagnato dal piano di Rudess.

<blockquote><i>I wanted to deserve a place
A place beside you
This time when I Reach out my hand
It reached all the way to heaven</i></blockquote>

E questa ultima riga viene accompagnata da tutto il gruppo, che torna in scena con la stessa bruschezza con la quale se ne era andata, poco prima. Parte poi il ritornello, un'ultima volta, dove la parola "Goodbye" ci fa intendere che il brano sta per giungere al termine, e l'invito di LaBrie a non voltare le spalle al Paradiso viene reso più convincente da Petrucci, che occupa gli ultimi 2 minuti del brano riprendendo, reinterpretando e divertendosi a fare variazioni varie in un assolo che non verrà ricordato certo per la difficoltà esecutiva, ma per le emozioni che lascia nel cuore dell'ascoltatore.


<b>Voto</b>: 9/10
<b>Commento</b>: Dopo il fallimento di alcune traccie, questo brano prova a risollevare le sorti dell'album: si tratta di una canzone ricca di atmosfera ed emozioni, varietà e tutto il resto, un buon brodo Dream Theater, insomma. Niente male la sezione degli assoli, anche se non si tratta di nulla di estremamente memorabile, invece indimenticabile l'assolo di chitarra finale, che ci trasporta nel mondo dei sogni... o magari semplicemente in un mondo migliore.


<h1>In the Presence of Enemies Pt.2</h1>

<b>Durata</b>: 16.38 min.
<b>Testi di</b>: John Petrucci
<b>Musica di</b>: Dream Theater

L'ultima volta che abbiamo visto un "Pt.2" nel titolo di qualcosa firmato Dream Theater, siamo rimasti estasiati per una settimana, come minimo. Riuscirà questo brano a fare altrettanto?

Veniamo accolti dallo stesso suono ventoso che si udiva alla conclusione della prima parte di questa suite, a conferma che, in fondo, si tratta dello stesso brano. Ben presto, John Myung inizia a suonare il basso, molto tranquillamente, strumento che verrà presto raggiunto dal suono, seppur filtrato, del pianoforte di un certo signore.

Entra poi in scena James LaBrie, che, sempre con calma inumana, canta la prima strofa, ed il memorabile bridge che, per questa volta, non porta a nessun ritornello, ma solo ad un'antemprima di esso, suonato da Rudess al piano.

<blockquote><i>Angels fall, all for you, Heretic.
Demon heart, bleed for us...</i></blockquote>

Uno stacco di batteria ci introduce in una strofa un pochino più movimentata e veloce della precedente, sempre con un interessate lavoro di Myung, che, per una volta nell'album, domina incontrastato.
Dopo un'altra strofa musicalmente identica, un altro stacco porta LaBrie a sfogare tutta la sua voce in un bridge portato qualche ottava più in alto, con la presenza anche di Petrucci e Portnoy.

Ed ecco che parte dunque il ritornello, un orrendo calo di qualità dove la voce di LaBrie, quasi gracchiante, doppia la melodia della chitarra nell'adulare un certo "Dark Master", di cui più volte sentiremo parlare durante il brano.

Poi, però, il ritornello fortunatamente finisce all'improvviso e lascia spazio alla migliore interpretazione della melodia portante delle strofe precedenti, con LaBrie che si destreggia tra tonalità più alte, Portnoy ritma tutto magistralmente ma non pesantemente, Myung continua il suo, già ottimo lavoro e Rudess si limità a lanciare accordi all'inizio di ogni battuta. Riparte poi ancora il bridge, in versione ancora più elaborata della precedente... ma il bridge ci fa presagire, con l'aiuto della filtratissima voce di Portnoy che inizia a parlare del Dark Master, che l'orrendo ritornello è alle porte.

Presagio esatto. Ma non solo. Un piccolo deja vu viene a farci visita: il coro di fan inneggiante di Prophets of War... ma che allegria! Quindi, in pochi secondi, il brano cambia del tutto, lasciando i fan a gridare in modo imperativo alcune parole, mentre subito dopo LaBrie precisa l'obbiettivo dell'ordine quasi rappando il tutto... dopo aver ripetuto la questione un paio di volte per un totale circa un minuto e mezzo buttato al vento, LaBrie viene lasciato finalmente solo, e libero di cantare qualcosa di decente, su una melodia che riprende le strofe finale della prima parte della suite.

Ma quando il peggio pare passato, Portnoy prende il posto dei fan nel ruolo di urlatore, giustamente accompagnato da qualche verso di James, e questo dinamico duo ci fa venire voglia di premere "skip", se solo ci fosse una traccia successiva.

Poi, torna LaBrie che riprende il tema della prima parte della suite, portando avanti la questione fino a dove il brano, all'inizio dell'album, trovava la sua conclusione. Stavolta, invece, trova la sempre filtratissima voce di Portnoy che dice qualcosa prima di lasciare spazio alla sezione strumentale.

Siamo a poco meno del decimo minuto, e si spera che lo strazio delle trovate di Mike siano finite, perchè in effetti, ora è Rudess, assieme a Petrucci, a comandare. Ma dopo diversi assoli e unisoni, in stile che ricorda in qualche modo il quarto brano di questo album, ci si accorge che probabilmente la pacchia è finita con l'ultimo bridge. Nonostante gli assoli più avanti si facciano più elaborati e complessi, alla fine non sono nulla di memorabile... almeno finchè non viene ripreso tale e quale uno dei momenti più mozzafiato del primo brano dell'album, che con la sua cadenza porta la tastiera a riprendere la memorabile melodia che, in "In the Presence of Enemies Pt.1" era suonata dalla chitarra. Però è tutto riciclato, cosa che perdono per il semplice fatto che, essendo una suite, il riprendere dei temi e modificarli un minimo può anche essere ammesso.

Siamo quasi al quindicesimo minuto, e LaBrie canta le ultime strofe dell'album, fortunatamente una decina di spanne sopra le ultime che abbiamo sentito, featured Mike Portnoy. L'atmosfera si fa, finalmente, interessante e tesa, mentre LaBrie ci annuncia il lieto fine della storia su una salita di tono inarrestabile:

<blockquote><i>My soul is my own, now...
I do not fight for you, Dark Master!</i></blockquote>

La tastiera ribadisce un attimo il concetto dell'odiato ritornello, ma ben presto si affloscia, assieme a tutti gli altri strumenti... una scalata del pianoforte, un dinamico crescendo, un rullo di batteria, e l'ultimo accordo eseguito da tutti i musicisti, che ci dimostrano che, se vogliono, qualcosa di buono sono ancora capaci di farlo, nonostante questo album non ne sia l'esempio più esauriente.

<b>Voto</b>: 7.5/10
<b>Commento</b>: Il brano inizia magistralmente, ma con l'arrivo del ritornello e il ritorno di alcune trovate firmate Prophets of War e Mike Portnoy, la qualità scende vertiginosamente per un po'. Non ci sono incredibili miglioramenti durante la sezione strumentale, sottotono rispetto a molte altre, che però finisce con alcune citazioni della prima parte di questa lunga suite, decisamente migliore della seconda. Buona prestazione finale di LaBrie e una conclusione degna di nota.


<u><b>Voto e commento finale sull'album in generale</b></u>


<b>Voto</b> (usando la media aritmetica): 6.5
<b>Commento</b>: Un album con alti... e bassissimi. Contiene alcuni dei brani più imbarazzanti della carriera della combo americana, come Constant Motion, ma anche dei brani memorabili come The Ministry of Lost Souls. La suite dell'album, della durata complessiva di circa 25 minuti, è divisa in due parti: la prima si classifica come uno dei brani migliori dell'album, indubbiamente, mentre la seconde possiede momenti bellissimi che vale la pena ascoltare, e momenti veramente sottotono, dove vengono riprese le pessime idee che hanno causato un calo di qualità vertiginoso anche a brani precedenti. Insomma, se si compra quest'album lo si fa non per la sua qualità complessiva, piuttosto bassa grazie a certi episodi sopracitati, ma per i singoli brani di qualità superiore. Gli altri si possono tranquillamente non ascoltare, oppure ascoltare una volta per capire che non vale la pena ripetere l'azione.
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